Pesach. Stranieri foste in terra d’Egitto…

Pesach era la festa che più facilmente si associava al cibo e alla casa dei nonni. Sara iniziava i preparativi di questa festa molto prima del giorno in cui sarebbero arrivati tutti per fare insieme il Seder. Le donne pulivano con attenzione tutta la casa e in modo particolare la cucina, in modo che non rimanesse una sola briciola di pane in qualche angolo o nel fondo di un ripiano o di un cassetto. Al termine delle pulizie si attivava persino Marco, secondo un preciso rituale di controllo: andava in giro per la casa con una penna d’oca e un pezzo di cartone, lo seguiva la moglie con una candela. Mentre Sara, da dietro, illuminava, Marco spolverava con la penna i ripiani, i davanzali delle finestre, gli angolini nascosti, buttando le possibili briciole sul cartone, che poi gettava. Le nipoti ancora piccole chiudevano la fila, osservando con attenzione. Terminate le pulizie, si tiravano fuori le stoviglie e il pentolame da usarsi solo negli otto giorni di Pesach.

Sara aveva intanto preparato enormi pentoloni di borscht, il minestrone di rape rosse che ancora oggi si mangia in Russia e in Ucraina, e la figlia Lenke aveva messo in salamoia i cetrioli che, dentro grossi vasi, erano stati posti sui davanzali delle finestre, al sole, perché potessero fermentare. Infine, il momento arrivava: la tavola era bene apparecchiata per accogliere tutti i figli e le loro famiglie che quell’anno avrebbero partecipato al Seder. Non tutti insieme ogni anno: erano troppi per poterci stare”.